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Rassegna stampa

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23 dicembre 2022

L’AMORE VERO RITORNA NELLE PIEGHE DELLA NOIA
Di Silvia Viterbo

In un’epoca di difficoltà nell’impostazione dei rapporti matrimoniali, di libertà sessuale talvolta sfrenata, di egocentrismo nel tentare di superare gli ostacoli della convivenza, in “Quanto Basta” Piva porta in scena due personaggi anziani, in una situazione economica difficile e con una figlia assente che afferma nell’abitudine e spesso nell’indifferenza una pagina di amore vero. Gli interpreti: Lucia Zotti e Paolo Sassanelli, sono fantastici. Lei nell’interpretazione gioiosa “nonostante” e lui ormai in decadenza con la ricerca di oggetti vecchi, le dimenticanze, l’accasciarsi su una sedia nel sonno. Ed è in questa scena finale quando lei teme di averlo perso che esplode l’amore, l’incapacità di vivere separati, e tutta l’intensità di una vita passata insieme e ormai vicina all’epilogo. Chiediamo a Piva di raccontarci cosa lo ha condotto ad una immagine teatrale che potrebbe essere retorica ed è invece fresca, coinvolgente con le sue risate ed i suoi piccoli disagi di ogni giorno in una coppia ormai anziana e rassegnata ad una vita banale.

“Quanto Basta nasce da un’immagine ricorrente: le coppie di anziani che guardano scorrere la vita davanti ai propri occhi, seduti fuori dall’uscio di casa nei bassi dei centri storici, o sui balconi dei quartieri popolari delle nostre città. Persone che si sono amate, detestate, tollerate, che ormai si conoscono a memoria. Coppie che mostrano spesso insofferenza ma che non hanno altra ragione d’essere che nello stare insieme. Ho pensato di impostare l’impianto scenografico in modo da dare allo spettatore la sensazione di essere un dirimpettaio, un vicino di casa. E i dialoghi dei nostri due protagonisti, Mimmo e Nicla, sono tranches de vie che abbiamo ascoltato tante volte proprio attraverso le mura troppo sottili del vicinato o in casa, andando a visitare i familiari o gli amici. Nel costruire la messinscena ho attinto al mio vissuto personale: allestire lo spettacolo è stata l’occasione di esorcizzare le piccole grandi nevrosi della vita familiare, in una presa d’atto che è diventata processo di autoanalisi. Le discussioni che spesso nascono tra i familiari mostrano un continuo riandare al passato, in una perpetua recriminazione degli errori commessi che rivela come la vita, tante volte, non mantenga le promesse.  Noi italiani siamo peraltro inclini a dare il peggio di noi con chi ci è vicino, in un rimando masochista che si ritorce contro noi stessi. Così, tra finti sorrisi con gli estranei e sfoghi tra le mura domestiche, le persone che ci sono care diventano spesso bersaglio delle nostre frustrazioni. Mettere in scena le nostre ossessioni e i nostri limiti ci aiuta a esorcizzarli, in un certo modo, e la reazione del pubblico sia adulto che giovane che sostiene con empatia  e risate lo spettacolo, mi pare la conferma che questa messinscena tocca qualcosa che riguarda da vicino ciascuno di noi. […]”

“Per i personaggi in scena  ci siamo ispirati a figure della nostra vita a cui siamo molto legati – aggiunge Paolo Sassanelli -  ed è una piccola poesia che dedichiamo a questi nostri affetti. La cosa interessante di questo spettacolo è che non è per anziani, ma è pensato soprattutto per un pubblico che ama andare a teatro  e che spesso le compagnie teatrali non raccontano.  Qui raccontiamo una storia d’amore e sono curioso di capire cosa penserà la gente dopo averla vista.”

“Nel mio personaggio sento che c’è una sintesi di tutto il mio percorso come attrice – conclude Lucia Zotti. – Sento che nel mio personaggio c’è una bambina, una giovane donna e una donna sulla via del tramonto. Ed è proprio qui che si sentono tutte le emozioni del percorso di vita fatto, però con la capacità di filtrarle e di goderne di più. Talvolta perfino emozionarsi di più. È un personaggio molto vero, in cui penso ci si potrà riconoscere chiunque.”

Negli applausi la Zotti esce con un fiore nei capelli e con lo scialle colorato sulle spalle. Non c’è terza età, è bellissima.

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17 dicembre 2022

PIVA: “ATTRAVERSO UNA FINESTRA LE SCENE DA UN MATRIMONIO: ECCO IL MIO DEBUTTO A TEATRO

Di Antonella Gaeta

“Quanto Basta” è un titolo da pronunciare stringendo le spalle: il poco che a volte è tutto e altre è rammarico, soprattutto se stai sulla soglia della vita e la porta si sta per chiudere. È il titolo che Alessandro Piva ha scelto per la sua pièce di debutto al teatro, un atto unico con una coppia in scena, Paolo Sassanelli e Lucia Zotti, tanto tempo condiviso, altrettanti rimpianti, amarezza, recriminazioni, gesti quotidiani e una teglia di parmigiana da preparare. […]

Piva, chi l’ha ispirata?

È un ulteriore step di avvicinamento alla Puglia che ha trovato un momento centrale di riflessione con il primo lockdown, quando mi sono preso una lunga pausa in un trullo in Valle d’Itria e ho potuto passare del tempo con i miei figli.

Ha avuto modo così di rimestare nei ricordi?

È andata così, ricordi personali, ma anche impressioni, immagini emblematiche di coppie che stanno fuori dai bassi o sui balconi a guardare in strada per passare il tempo. Ho poi attinto al mio vissuto, mio padre e mia madre, e poi come una giunzione, ho chiesto agli attori di tirar fuori il loro vissuto. Per Paolo, tra l’altro, ho saccheggiato il guardaroba di mio padre e l’operazione ai miei occhi è apparsa quasi mistica.

Il passaggio dal cinema al teatro, invece, com’è stato?

Del teatro il momento più bello è certamente quello delle prove […].  Sì, bisognerebbe far staccare un biglietto per farle guardare. Una volta al Palladio Emma Dante ha aperto le sue prove per una settimana, lavorava con i giovani allievi di un laboratorio, li umiliava, li esasperava tanto che, alla fine, pensavo avrebbero tirato fuori un coltello, e invece no, l’abbracciavano ringraziandola (erano, tra gli altri, Riondino, Ragonese, Rohrwacher). Il teatro è un mistero per me, una scatola che contiene cose magiche, mentre un set è trasparente, giri nel mondo. Nel teatro ti isoli tu e le tue sfide.

Lei come tratta i suoi attori?

Li coccolo, anche perché non dimentico mai che giocare insieme, con le storie e con i personaggi, è un privilegio assoluto. Come lo è dirigere due attori come Paolo e Lucia: perfetti; mi concentro su di loro, non sugli altri artifici.

Che rapporto ha con il teatro?

Da ragazzo a Roma ero uno dei pochi filmmaker della mia generazione a frequentarlo assiduamente, l’altro era Matteo Garrone, figlio di Nico. La pratica consente sperimentazioni sull’uso del corpo e dell’espressività da portare al cinema.

Come ha pensato la scenografia?

Con un’idea nata alla finestra, immaginando quello che accade nelle case: in controtendenza con il meccanismo del palcoscenico non ho mostrato tutto, piuttosto ho nascosto: la platea sta nel palazzo di fronte e tutto arriva rimbalzato dai vicini di casa.

Pare tutto molto eduardiano.

Non ha torto, proprio l’altro giorno su una bancarella ho trovato una edizione rara della “Cantata dei giorni dispari e dei giorni pari” di Eduardo: l’ho preso come un segno. Poi, come accadeva con il suo teatro, mi piacerebbe portarvi chi non ci ha mai messo piede, perché racconto qualcosa di familiare, che appartiene a tutti.

Porterà “Quanto Basta” anche al cinema?

Non dimentico il mio mestiere primario, presentandosi l’occasione la coglierei. Quello dell’anzianità, dopo film come “Amour” e “The Father”, è un racconto che il cinema cerca.

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24 dicembre 2022

QUANTO BASTA… A RESTITUIRE UNA TENERA QUOTIDIANITA’

Di Lucio D’Abbicco

Si respira un’atmosfera da teatro di Eduardo nella pièce “Quanto Basta”, messa in scena da Alessandro Piva con la complicità dei due protagonisti, Lucia Zotti e Paolo Sassanelli. Complicità, sì, perché per ammissione dello stesso autore e regista c’è molto del loro talento e della loro personalità in questo atto unico.

La scena si svolge ai nostri giorni (simpatici i riferimenti all’attualità politica e non)  in un modesto, qualunque appartamento al primo piano di un qualunque condominio (il cui amministratore, ovviamente, è un poco di buono) dove vive una qualunque coppia di anziani baresi (l’uso mai stucchevole del dialetto li identifica come tali). I figli sono lontani, non telefonano e neanche rispondono al telefono perché giustamente sono molto impegnati nelle loro cose; e così i due anziani genitori trascorrono la loro giornata secondo una routine fatta di acciacchi, bisticci, ma anche di tenerissime complicità: un accenno di ballo quando parte la “loro” canzone, la sedia che Mimmo/Sassanelli posizione accanto alla sua come richiamo alla moglie Nicla/Zotti ad accomodarsi per scambiare qualche chiacchiera. […]

Lo spettacolo è stato accolto con calorosi applausi alla sua prima al teatro Kismet di Bari. […]

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